Sono trascorsi 24 lunghi anni dalla strage di Via d’Amelio, ma nella memoria dei testimoni, della famiglia e di coloro che combattono ancora oggi la mafia, i ricordi sono nitidi come non mai. Come quel caldo 19 luglio del 1992, quando il giudice Paolo Borsellino, dopo aver pranzato con la moglie Agnese ed i figli Lucia e Manfredi, si dirisse in Via d’Amelio, dove la madre viveva. Fu una questione di istanti: una Fiat 126, collocata sotto l’abitazione della madre del magistrato ed imbottita di esplosivo, scoppiò mentre il giudice e la sua scorta passavano.
Fu una strage: morirono Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli.
Fu una delle stragi più eclatanti della mafia, una delle più boriose, una vera sfida ad un paladino della giustizia a meno di due mesi dalla morte del suo migliore amico e collega, Giovanni Falcone. E’ un giorno che interroga sempre, quello dell’anniversario della morte di Borsellino e della sua scorta. Un giorno che pone tante domande: da quelle che possono sembrare più banali, come la richiesta di Borsellino di spostare le auto prima della sua visita dalla palazzina dove la madre viveva.
“Ma la domanda era rimasta inevasa” ha sostenuto il magistrato Antonino Caponnetto “Ancora oggi aspetto di sapere chi fosse il funzionario responsabile della sicurezza di Paolo, se si sia proceduto disciplinarmente nei suoi confronti e con quali conseguenze”. Alte domande ancora, come quelle sulla sparizione della famosa agendina rossa dalla quale Borsellino mai si separava. Domande destinate, forse, a rimanere tali. Purtroppo, verrebbe da dire.
Oggi sono tante le celebrazioni dell’Italia che non vuole dimenticare.
Libera ha organizzato una messa per ricordare, assieme al giudice ed alla sua scorta, tutte le vittime innocenti delle mafie.
Ci saranno fiaccolate, inaugurazioni, convegni. Tanta memoria, che è quella che serve: perché alla fine Falcone e Borsellino sapevano già che li aspettava una fine terribile per aver piegato in due la mafia. La loro non voleva essere la vittoria definitiva, voleva essere l’inizio. Riponevano le loro speranze nelle future generazioni, nella loro onestà, nel loro coraggio. Celebre è divenuta quella frase, profetica e struggente, del giudice Falcone che ricorda a monito: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.
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