Il dibattito sulla Brexit si sta facendo sempre più intenso e cocente man mano che la data fatidica del referendum, il 23 giugno, si avvicina. Il fronte separatista, che sembra essere molto importante nel dibattito, preoccupa sempre di più l’Unione Europea. A fare da spalla del fronte del “sì” troviamo il sindaco della City, Boris Johnson, i ministri del lavoro e della giustizia, e buona parte della popolazione. La campagna elettorale martellante che scandisce i giorni in attesa del referendum sulla sorta della Gran Bretagna nell’UE è iniziato da tempo. La differenza fra la generica presunta ostilità tipica del popolo inglese nei confronti dell’UE e questa situazione sta proprio nella serietà della questione. Il referendum potrebbe anche facilmente dare esito positivo e comportare l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
Questa volta, quindi, non si tratta di una semplice “minaccia” o di un malcontento diffuso, ma di una realtà che l’UE potrebbe doversi trovare a fronteggiare. Al di là delle questioni socio-politiche che stanno infiammando il dibattito, è logico, anzi scontato, che l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrebbe delle conseguenze economiche di rilievo.
Ricordiamo che i fondi conferiti dall’UK all’Unione Europea, solo nel 2015, sono stati pari a 8,5 miliardi di sterline. Un bel gruzzoletto che i sostenitori della politica separatista preferirebbero tenere nelle tasche dello Stato. Ma la questione Brexit pone di fronte a scenari ben più seri di un risparmio sui contributi europei. Ad esempio, la possibilità che banche e agenti finanziari dicano addio a Londra. Per non parlare delle ripercussioni sul PIL inglese, che scenderebbe dell’1,3% nel giro di due anni, con conseguenze su ogni famiglia inglese.
Non sono tutti dello stesso parere: il Rapporto Moody’s, ad esempio, parla di “impatto relativamente piccolo”, dell’aumento della disoccupazione come “non significativo”, insomma, di un piccolo prezzo da pagare che non sarebbe paragonabile a quello che si guadagnerebbe. Ognuno canta la sua versione dei fatti, tirando acqua al suo mulino, ma è probabile che gli esiti economici e sociali della fuoriuscita del Regno Unito dall’UE non siano poi così semplicemente quantificabili, soprattutto in una prospettiva di lungo termine.
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