In un contesto socio-economico dove la trasparenza è un valore di fondamentale importanza, nella coscienza di sempre più cittadini sorge l’interrogativo sull’esistenza o meno di un vero e proprio diritto di conoscere l’apparato politico-statale che li circonda.
Se è vero che la Pubblica Amministrazione è l’esempio più mirabile di come il nostro paese gestisca (e non gestisca sempre bene) le funzioni pubbliche dello Stato, è altrettanto vero che queste funzioni esistono per il buon funzionamento della vita di tutti i giorni, ma bisogna altresì riconoscere che spesso sia negato un vero e proprio “diritto di conoscere” in trasparenza l’attività della Pubblica Amministrazione. Infatti, come sottolineato dal Decreto Trasparenza, tutto ciò che non rientra nel campo della pubblicazione obbligatoria non è accessibile se non laddove si presentino determinati requisiti, e comunque a discrezione dell’apparato pubblico.
Il bisogno, sempre più stringente, di una sorta di Freedom of Information Act made in Italy sembra essere un po’ il leit-motiv dell’opinione pubblica sullo Stato. La volontà di conoscere meglio, anzi di avere il diritto di conoscere meglio tutto quello che accade all’interno della Pubblica Amministrazione si fa strada nella mente degli italiani.
Tanto che alcuni di essi hanno fondato il Foia4italy, movimento che cerca di riproporre il tema di un testo che disciplini la libertà d’accesso alle informazioni della Pubblica Amministrazione, come già avviene in altri stati (USA e Regno Unito ad esempio).
Una buona strada per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di adottare un simile atto è quella della necessità di una maggiore partecipazione civica ai programmi dello Stato. Come se non bastasse, anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha affermato il diritto all’accesso alle informazioni contenute nelle pubbliche istituzioni.
Dov’è allora il vero blocco all’adozione di un Freedom of Information Act tutto italiano?
Cosa si interrompe e inevitabilmente diventa complicato nel predisporre norme che tutelino sia i cittadini sia la Pubblica Amministrazione, nella reale concretizzazione del principio di trasparenza che già dovrebbe essere insito nelle operazioni pubbliche?
Forse serve un cambiamento culturale e sociale, prima che legislativo. O forse al contrario, una maggiore attenzione del legislatore alle tematiche della trasparenza, della partecipazione civica e del “right to know” comporterebbe una maggiore consapevolezza da parte del popolo italiano.
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