La sentenza numero 788 del 2016 del Ctr Veneto, depositata lo scorso 16 giugno ha stabilito che l’attività di prostituzione rappresenta una prestazione di servizi retribuita e quindi va tassata.
A riportare la notizia è ItaliaOggi sulla vicenda di una donna che ha subito un accertamento sintetico dell’Agenzia delle Entrate. L’accertamento, nato dalla discrepanza tra il suo tenore di vita e l’assenza di redditi dichiarati al Fisco. La donna possedeva autovetture, immobili e elevate somme depositate sul conto corrente.
Tramite il redditometro l’imponibile ricostruito superava i 286 euro di reddito complessivo in 3 anni. La ricostruzione è stata impugnata dalla contribuente e la Ctp di padova accoglieva il ricorso ritenendo dovute le maggiori imposte ma annullando le sanzioni poichè i proventi contestati non sono inquadrabili in nessuna categoria prevista dall’articolo 6 del Tuir.
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Difatti, la prostituzione in Italia è già tassata; questo ai sensi dell’articolo 36 comma 34bis della Legge 248/2006, come chiarificato dalla Cassazione con le Sentenze n. 10578/2011, 18030/2013 e 7206/2016. Il Codice relativo è 96.09.09 “Altre attività di servizio per la persona non classificabili altrove”.
Cosa aspettano i sex workers ad aprire la partita IVA e pagare le tasse in merito?