Libia, sì o no all’intervento militare?

 

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La Libia si prospetta un campo davvero difficile, dove ancora una volta si scontreranno i sì ed i no all’intervento militare, con conseguenze che ancora non sono note. L’ambasciata USA a Roma non ha alcun dubbio: “Spetta all’Italia decidere e definire i dettagli del suo impegno” in Libia. John Phillips, l’ambasciatore a Roma, parla di tempistiche e di linee organizzative.

Ma non ci sono dubbi sul fatto che l’Italia si è già assunta un impegno, quello di inviare cinquemila italiani al fronte libico. Gli Stati Uniti lavorano assieme agli alleati, si legge nelle note fornite dall’ambasciata. La priorità è stabilire in Libia un governo di unità nazionale e riportare la sicurezza in una nazione tormentata dalla guerra, dalle rivolte sociali e dalla minaccia presente e costante dell’ISIS.

Ma nessuna raccomandazione o suggerimento da parte degli USA, come premurosamente Phillips ci tiene a sottolineare, riguardo all’intervento. Come dire: si tratta di una responsabilità dell’Italia, se l’assuma fino in fondo. Eppure le linee sottostanti sembrano chiare: l’ambasciatore USA aveva già sottolineato come fosse importante che fosse l’Italia a prendere il comando della spedizione militare in Libia, mandando fino a cinquemila militari.

Certo, questo va a cozzare contro quanto invece sostenuto dal premier italiano, Renzi, che parla di cautela. Anzi, prende posizioni nette: contrarietà all’invio di cinquemila uomini in Libia. “Oggi non è all’ordine de giorno una missione militare italiana in Libia”. Ci sono ancora numerose incertezze non solo riguardo all’intervento, ma anche ai fattori organizzativi dello stesso. Una stima di queste ore parla di un contingente di cinquemila uomini, ma forse per l’Italia le previsioni saranno molto inferiori.

C’è ancora una situazione di incertezza che sta calando in questi ultimi giorni circa la reale possibilità di porre in essere una spedizione militare in Libia, seppure come qualche autorità ha ricordato, questo Paese “ci riguarda molto più da vicino” rispetto all’Afghanistan. Tra chi sente l’urgenza di stimolare i preparativi e i dati organizzativi della missione militare e chi invece tira le briglie predicando calma e cautela, la situazione rischia di immergersi nel classico stallo dal quale potrebbe essere difficile riemergere. E intanto, c’è già chi parla di inviare anche la Marina ed i droni.

 

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