Loveparade, non ci sarà nessun processo per la strage di Duisburg

Nessun processo per la tragedia del Loveparade. Una frase che, alle orecchie dei parenti delle 21 vittime, suona come “nessuna giustizia”.

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In molti ricorderanno la strage avvenuta il 24 luglio del 2010 a Duisburg, in Germania. Quel giorno era in corso la Love Parade Tecnho di Duisburg, festival musicale preso di mira da tantissimi giovani. Secondo la ricostruzione della polizia, verso le cinque del pomeriggio del 24 luglio, all’interno del tunnel di Karl Lehr Strasse (che una volta era l’ingresso dell’acciaieria) migliaia di ragazzi che partecipavano alla manifestazione sono rimasti bloccati.

Non sono chiari del tutto i motivi che hanno fatto scoppiare il panico fra i giovani: fatto sta che l’entrata principale del tunnel si è trasformata in un collo di bottiglia che ha impedito ai ragazzi di riuscire ad uscire. Nel giro di qualche minuto, migliaia di persone si sono scontrate e ventun giovani sono morti stritolati o schiacciati nella tremenda ressa che si è creata.

Il personale sanitario ha fatto molta fatica a riuscire ad accedere ai feriti per rianimarli. A distanza di quasi sei anni da quel terribile evento, dove trovò la morte anche una ragazza bresciana di ventun anni, Giulia Minola, il tribunale statale di Duisburg ha preso la sua decisione.

Non ci sarà nessun processo per i dieci indagati, 4 dipendenti della società che ha organizzato la Love Parade e sei dipendenti del comune di Duisburg. Il tribunale ha scelto di far cadere ogni accusa. L’indignazione è stata forte, anche perché si è accusato il sindaco (anzi ex sindaco, Adolf Sauerland) di non essere stato in grado di gestire correttamente i soccorsi dopo il disastro. Il festival era proseguito per “motivi di sicurezza”.

Adesso che il tribunale tedesco ha deciso di far cadere ogni accusa nei confronti degli indagati, i familiari delle vittime sono in rivolta. La madre di Giulia Minola, si è detta “delusa, arrabbiata, schifata” mentre il suo legale ha già preparato il ricorso. Anche i parenti delle vittime tedesche non sono meno indignati; uno di essi, sulla rivista “Sueddeutsche Zeitung“, ha dichiarato che si è di fronte “alla bancarotta della giustizia tedesca”.

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