Mafia, terrorismo e social network, un connubio temibile

La mafia corre su Facebook. E non solo, anche su Twitter, Skype, WhatsApp, e in molti altri luoghi della rete ancora. Identificarla è difficile, sradicarla anche. Questa volta ci sono di mezzo leggi internazionali che rendono complesse, lunghe e macchinose le procedure per identificare gli utenti. A qualche ora dalla notizia scandalo della pagina Facebook che inneggiava alla malavita palermitana senza neppure troppi giri di parole, la preoccupazione delle autorità per il crimine online (anche, ma non solo la Mafia) e specialmente per quello organizzato cresce.

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La verità è che dietro le pagine web è difficile scoprire chi si celi: la comunicazione è veloce, fluida, immediata, talora celata, non è semplice riesce a trovare le pagine incriminate, che spesso spariscono nel giro di qualche ora. I criminali “si stanno trasferendo sul web”, e il fatto più pesante è che fermarli, paradossalmente, non è per nulla facile. Non basta la polizia postale o comunque le autorità italiane, che di per sé sono ben legalizzate a intercettare traffici illeciti anche in via telematica: a porre il freno questa volta è la legge, che impone un certo iter da seguire, in quanto i gestori dei servizi telematici stessi sono molto spesso stranieri (si pensi a Facebook o Twitter), e sottopongono il loro network alle leggi stranieri, con tempistiche e valutazioni differenti da quelle nostrane. Inutile dire che questo si traduce in un’impossibilità di agire prontamente, anche in caso di un’intercettazione.

 Lo stesso identico problema lo si legge nella questione della lotta al terrorismo internazionale, specie nella lotta all’Isis. La curiosa notizia della donna, il cui marito era stato ucciso da un militante IS in un campo d’addestramento in Giordania, e che aveva fatto causa a Twitter perché a suo dire la società si era resa colpevole di lasciare impuniti i criminali dell’IS sul web, fa riflettere. Fa riflettere sulla necessità di trovare velocemente accordi condivisi per porre un freno al reclutamento, alla propaganda, alla comunicazione criminale via web. Che paradossalmente raggiunge più persone ed è più difficile da sradicare, spesso e volentieri per l’eccessiva burocrazia: serve più condivisione, questa volta però sul serio, nella lotta contro il terrorismo virtuale e reale.

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