Salvatore Girone ha il permesso di rientrare in Italia nel corso dell’arbitrato con l’India. Lo ha deciso il Tribunale dell’Aja, accogliendo così la richiesta dell’Italia. Sarà poi compito delle due parti accordarsi circa le modalità del rientro in Italia del marò. Domani l’ordinanza dell’Aja verrà pubblicata.
Girone è risultato subito entusiasta della possibilità di ritornare in Patria, dopo oltre quattro anni di inferno in India, dove i due fucilieri sono trattenuti senza sapere nulla del loro destino. Anche se l’attesa rischia di essere ancora lunga: l’arbitrato probabilmente non vedrà la fine prima di agosto del 2018.
L’India non ha mancato l’occasione per porre un freno all’entusiasmo italiano. “L’Italia non ha interpretato correttamente l’ordine del tribunale” hanno detto voci del governo indiano “le condizioni della sua libertà provvisoria devono essere stabilite dalla Corte Suprema”. Come dire, il Marò non è ancora libero. Ma questo adesso sembra meno importante rispetto alla possibilità dell’uomo, che ancora non ha avuto un regolare processo, di rivedere la sua Patria e la sua famiglia. L’India continua a mettere i bastoni fra le ruote, sostenendo che il rimpatrio di Girone sarà “strettamente condizionato” alle garanzie del rientro da parte dell’Italia.
Renzi invece è contento della notizia, che ha definito come straordinaria. “Un passo in avanti davvero significativo”, ha sostenuto il premier italiano, che ha anche sostenuto la “volontà di collaborazione con l’India”.
Ricordiamo inoltre che l’Italia, in una nota datata 26 aprile, aveva ritenuto la giurisdizione indiana “disconosciuta”, prova di valenza giuridica. Infatti il nostro Paese si appella al Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare del 24 agosto 2015, sulla base del quale ogni procedimento interno avrebbe dovuto essere sospeso attendendo le sentenze della Corte Suprema, per evitare ogni ulteriore confusione sul caso.
Il caso dei Marò sta tenendo l’Italia col fiato sospeso dal 15 febbraio del 2012, quando secondo l’accusa i due fucilieri avrebbero sparato su un peschereccio scambiandolo per pirati, e uccidendo due pescatori. Causa mancanza di testimonianze e anche a causa della scarsa collaborazione del governo indiano, non si è mai veramente capito che cosa sia accaduto realmente il 15 febbraio. Quello che è certo è che è più di quattro anni che i due fucilieri, con problemi di salute, sono trattenuti per la maggior parte del tempo in India.
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