Nuove imprese in Italia nel 2016, tra voglia di crescere, tasse e burocrazia

Fare impresa oggi in Italia non è facile, ce lo dicono le statistiche e ce lo dice anche il buon senso. In media, gli imprenditori decidono di mollare l’impresa dopo tre bilanci in perdita: tre anni di rosso, che fino a qualche decina d’anni fa poteva solamente essere la spia di un brutto momento per l’azienda, oggi sono il requiem delle piccole e grandi imprese nazionali.
La maggior parte delle persone che si getta nel mondo dell’imprenditoria, invece, parte con buoni propositi ma non immagina che oggi guidare un’azienda sia così complicato.

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E non parliamo del fisiologico rischio imprenditoriale, bensì della soffocante burocrazia che fra permessi, tasse, balzelli e adempimenti stressa e porta al lastrico.
Le stime di Unioncamere-Infocamere ci rappresentano la realtà dell’impresa in Italia: nel primo trimestre nel 2016, fra gennaio e marzo, almeno 127mila imprese se ne sono andate, un terzo sono imprese artigiane, e si sono aperte quasi 4mila procedure di fallimento.
Certo, nonostante lo sfacelo è il miglior risultato degli ultimi cinque anni: basta guardare alla differenza fra le iscrizioni di nuove attività e le cessazioni.

Ci sono 13mila società in più rispetto ai primi tre mesi dell’anno passato, i fallimenti sono in un calo abbastanza significativo, -5,4%.
La regione che spicca di più sul piano nazionale è la Liguria, ha una crescita negativa dello 0,76% a fronte della media nazionale del -1,05% ed il tasso fallimenti più basso della nazione.
In Italia, quindi, c’è ancora voglia di fare impresa, voglia di mettersi in gioco. Essere imprenditori è un rischio enorme: ci si mette l’investimento e non si può prevedere ex ante come andrà. L’impresa, da che mondo è mondo, è sempre un rischio.

Ma ciò nonostante, a far davvero paura ai giovani sono le tasse, la burocrazia, spesso muta e oscura, non facilmente comprensibile, ma puntualissima quando si tratta di riscuotere. Un altro fattore che mette a ko prima ancora di iniziare gli aspiranti imprenditori sono le banche, che a parole si dicono pronte a dare una mano ai giovani ma nei fatti difficilmente si aprono.
L’aspetto burocratico investe anche il fattore sicurezza ed igiene, adempimenti che hanno scadenze brevi e che spesso costano multe salate ai giovani imprenditori.

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