Il Pontefice è intervenuto ancora una volta, nel corso dell’udienza generale che si è tenuta oggi in Piazza San Pietro, sul tema dei migranti, che risulta stargli molto a cuore. Il Papa ha voluto focalizzare l’attenzione delle nazioni e dei governanti, oltre che quella dei presenti, sul dramma dei migranti del Terzo Millennio che “non possono entrare”, chiusi al di fuori di confini e di muri.
Un tema scottante, che ha innegabili implicazioni sociali, economiche, culturali e anche legali sotto alcuni punti di vista; ma un tema che, oggi più che mai, necessita di essere affrontato per trovare soluzioni condivise a livello europeo.
Il Papa ha richiamato il dovere d’attenzione e cura per coloro che soffrono situazioni drammatiche, che richiedono asilo, che sono comunque lontani chilometri e chilometri dalla loro nazione e che soffrono la disperazione e talora anche la perdita di coloro che amano. Il Papa ha fatto cenno nel corso dell’udienza al Libro della Consolazione, il libro di Geremia, laddove si manifesta la “Misericordia di Dio” capace di confortare gli afflitti “e di aprire i cuori alla speranza”.
Speranza: una parola chiave nel tema del Papa, una parola ricca di nervature e connotati, la vera meta di tutti coloro che negli ultimi mesi o anni hanno lasciato tutto e tutti per cercare salvezza dalla guerra, da violente persecuzioni politiche e religiose, e dalla veemenza dei terroristi che continua a mietere vittime innocenti.
La solitudine è un esilio, “anche noi possiamo vivere questo esilio” ha detto Papa Francesco nel corso dell’udienza generale “sofferenza, la morte ci fanno pensare di essere stati abbandonati da Dio“. L’appello del Papa è affinché ognuno si ricordi della propria sofferenza e possa provare empatia per quella degli altri, per tutti gli uomini, le donne e i bambini innocenti che soffrono il dramma di una guerra che non hanno voluto, non hanno cercato e che li spinge lontani dalla loro casa in cerca di certezze e speranza, rischiando di trovare smarrimento, muri e anche la morte. Non abbandonare queste persone, è un obbiettivo che ognuno nel suo piccolo può perseguire, ma è innegabile che occorre una partecipazione vasta e condivisa anche da parte delle Nazioni, le uniche che possono creare veri progetti d’accoglienza.
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