La pena di morte continua a mietere le sue vittime nel mondo, anche nei cosiddetti “Paesi civilizzati”. Non solo: i rapporti di Amnesty International parlano molto chiaro, indicando un aumento delle esecuzioni nel corso del 2015, un triste record che supera le esecuzioni dell’ultimo quarto di secolo. I Paesi che hanno dato il maggiore contributo a questa macabra realtà sono stati l’Iran, il Pakistan e l’Arabia Saudita.
Si calcola che solamente nel 2015, in totale, siano state ben 1634 le persone messe a morte, almeno il doppio rispetto al 2014, e comunque il più alto numero di esecuzioni dal 1989. Bisogna inoltre tenere conto del fatto che dal calcolo di Amnesty International sono escluse le esecuzioni compiute in Cina, paese che si stima sia fra i più ardui sostenitori della pena di morte ma che non rilascia mai dati ufficiali circa il numero di esecuzioni annue. E capire il perché non è certo difficile.
Salil Shetty, segretario di Amnesty International, ha espresso tutta la disapprovazione per questo triste record. La pena di morte, come ha sostenuto, non disincentiva i reati e non fa sentire più sicuro nessuno. In compenso, i governi “hanno continuato senza tregua a togliere la vita” continua Shetty “spesso al termine di processi gravemente irregolari”. Il prototipo di processo al quale Shetty fa riferimento è quello che non offre garanzia e talora neppure una reale possibilità di contraddittorio all’imputato.
Senza contare che, nel caso di errori della giustizia o delle autorità preposte all’investigazione, non ci sarebbe comunque nulla da fare per rimediare al fatto di aver tolto la vita ad un innocente. Giusto per avere una vaga idea delle proporzioni di questo fatto, si pensi che Samuel Gross, docente dell’University of Michigan School Law, ha condotto uno studio che ha analizzato le 7482 condanne a morte che i tribunali degli Stati Uniti d’America hanno emanato dal 1973 al 2004.
I risultati sono da far accapponare la pelle: circa il 4% delle persone condannate a morte era innocente, vale a dire 340 persone. Di queste, però, solamente l’1,7% è riuscito a salvarsi dall’esecuzione, per di più grazie al test del DNA, che però è troppo recente. Troppo recente per aver potuto salvare altre decine di persone innocenti.
Ed è ora che l’opinione pubblica si muova nella direzione di abolire questa pratica “barbara”, come già nel 1700 l’aveva definita l’Imperatore Giuseppe II, il primo ad abolire in Europa (nel Granducato di Toscana) questo inutile e vergognoso assassinio di Stato.
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