Oggi la Corte Costituzionale si pronuncerà sul contributo di solidarietà delle pensioni, che è stato imposto dal Governo Letta nel 2014 e bocciato dalla corte. La Corte Costituzionale era chiamata a pronunciarsi circa la legittimità della misura di Letta; in particolare, i ricorrenti sostenevano che la misura fosse affetta da “irragionevolezza”. Gli avvocati Vittorio Angiolini, Giovanni Sciacca e Federico Sorrentino hanno presentato ricorso facendo appello, fra l’altro, ad una sentenza della Corte del 2013, con la quale essa dichiarava l’incostituzionalità di un contributo di solidarietà.
“Il reddito da pensione non ha ragione di contribuire di più rispetto ad altri redditi alle entrate e uscite pubbliche. Qui invece si ha il paradosso che se si prendono più di 300mila euro di reddito non pensionistico, si concorre di meno che se se ne prendono altrettanti di pensione” sostiene Angiolini.
Al contrario, l’Avvocatura dello Stato ha sostenuto che si tratti di un contributo che si ispira a “principi di solidarietà sociale, progressivo e temporaneo“, che ha lo scopo di “assicurare anche le pensioni future” e che quindi riguarda il tema della solidarietà intergenerazionale.
Secondo l’avvocato Gabriella Palmieri, vi è la necessità di “valutare la misura nell’ottica complessiva del sistema previdenziale e di una solidarietà intergenerazionale: la stabilità di bilancio non viene assunta come criterio astratto, ma tutto interno al sistema previdenziale, con l’obiettivo di assicurare anche in futuro gli assegni pensionistici”.
La Consulta potrebbe probabilmente decidere di “salvare” la disposizione del governo Letta e quindi di rispedire al mittente le richieste di rimborso.
Le ragioni in favore di una decisione di questo genere sono davvero molte: i contributi non avevano natura tributaria, erano dotati di una motivazione solidaristica esplicitata senza dubbi, rientravano nella competenza del legislatore, e non vanno a cozzare contro gli articoli 81 e 97 della Costituzione.
Infine, si trattava di un contributo limitato nel tempo e che toccava solamente le cosiddette “pensioni d’oro“.
La Corte affronterà il tema con i suoi 13 giudici. Se la Corte dovesse dare ragione a chi sostiene che i contributi richiesti alle pensioni d’oro sono incostituzionali, allora lo Stato dovrebbe restituire 160 milioni di euro. E non solo: si porrebbe un vincolo che impedisce, nel futuro, di fare simili leggi. A favore di chi sostiene l’incostituzionalità della disposizione vi sarebbero diversi articoli di rilevanza costituzionale, come quello d’uguaglianza, della tutela dei lavoratori, ecc.
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