Quella marea nera che soffoca il Mar Mediterraneo alla vigilia del Referendum

I giornali non ne fanno cenno, non se ne parla in televisione, ma lei c’è. Una marea nera, inquinata, che sta soffocando il Mare Nostrum, stringendolo in una morsa scura. Minacciando la popolazione del mare, minacciando il turismo e la bellezza delle nostre acque.
Alla vigila del referendum sulle trivelle nel mare, sul quale la popolazione dovrà esprimersi il 17 aprile, possiamo assistere all’ennesimo scempio dovuto dall’inquinamento. Il 13 marzo una marea nera si è estesa partendo dalla Tunisia, dalla regione di Sfax. Legambiente si è già rivolta al Governo per chiedere che si faccia chiarezza sull’accaduto, e perché si possa procedere a riparare i danni.

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L’arcipelago delle Kerkennah, dal quale è partita l’ondata inquinante, è situato solamente a 120 km dall’isola nostrana di Lampedusa. Ma la stampa italiana sembra aver ignorato questo fatto, citato solo da qualche sito tunisino. Secondo le autorità nordafricane, il danno sarebbe imputabile alla Thyna Petroleum Services. La Tunisia sostiene che il danno è contenibile, ed è stato già messo in atto il protocollo d’intervento.
Ma non sembra essere quello il vero problema. Il vero problema lo scontiamo tutti i giorni, con un inquinamento del mare sempre più intenso, sempre più drammatico. La comunità che vivono sulle isole tunisine coinvolte dal disastro ambientale ha potuto sperimentare direttamente una vera catastrofe ecologica, ancora più grave se si pensa che quella popolazione sopravvive grazie alla pesca. E il Mediterraneo continuerà a pagare lo scotto della violenza inquinante dell’uomo.

Le attività di estrazione del petrolio hanno un impatto tremendo sul mare e sull’ecosistema delicatissimo che lo abita, come sostiene anche Rossella Muroni, presidente di Legambiente. Un fenomeno che getta nuova luce sulla posizione da prendere durante il referendum del 17 aprile.
Infatti un incidente petrolifero nei nostri mari potrebbe avere effetti esponenzialmente maggiori, dato che il Mediterraneo è “un mare chiuso”, ed il petrolio perduto in un incidente rimarrebbe come una cappa a soffocare le forme di vita che lo abitano. Con conseguenze dannose per l’ecosistema, per la pesca e anche per il turismo.

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