Riina in TV, la Rai: controlli rafforzati

La bufera scatenata dall’apparizione di Salvatore Riina, figlio del famigerato boss mafioso, alla nota trasmissione Porta a Porta di due sere fa continua a sollevare polverone ai vertici della Rai. Dopo le durissime e motivate critiche giunte da Rosy Bindi, Pietro Grasso e da altre personalità politiche (oltre che dai figli e parenti delle vittime delle stragi di mafia commissionate da Totò Riina stesso), la RAI è stata costretta a rimettersi in discussione. L’intervista di Bruno Vespa al figlio del mafioso più temuto d’Italia, fra l’altro allo scopo di pubblicizzare il libro scritto dal rampollo, è stato quanto meno un passo falso.

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Qualcosa che si sarebbe potuto evitare. Grasso ha sostenuto che “il fenomeno va trattato con cura, è delicato e non si può banalizzare” non senza ricorda che il servizio pubblico non dovrebbe prestarsi a operazioni “commerciali” del genere, in quanto richiede un diverso grado “di responsabilità e serietà”. Parole dure, ma che colpiscono al segno.

Il presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi, ha ricordato che c’è stato un altro spiacevole precedente, quello dell’intervista alla famiglia mafiosa dei Casamonica. Proprio per questo, sostiene la Bindi, non si capisce perché la RAI abbia proseguito con questo modus operandi. E adesso si attende di sentire il direttore generale della RAI, Dall’Orto, riguardo alla scottante vicenda, anche per escludere che Riina abbia percepito un pagamento per l’intervista.

C’è chi auspica controlli più serrati. Non censure, ma semplicemente un bilanciamento dell’informazione, improntata anche al rispetto (soprattutto delle vittime e dei parenti) della verità. La verità che ci racconta che non sia tollerabile sentire sulla televisione pubblica quello che in molti hanno interpretato come un elogio al padre di Salvatore Riina.

Insomma, un mostrare anche la parte “umana” di un uomo che si è macchiato di terribili omicidi, senza fermarsi neppure di fronte ai bambini ed agli innocenti. Un’informazione che non piace, che sa di mancanza di rispetto. E che richiede molta più responsabilità giornalistica e professionale.

Intanto, la cultura si difende come può. Sono sempre di più i librai che stanno aderendo al rifiuto di mettere in vendita, o consentire la prenotazione del libro del figlio di Riina. E invitano i loro colleghi: “Fate come noi”.

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